domenica 12 dicembre 2021

L'università vive nella continuità Maestri - Allievi

 



Il Sole 24 Ore  Domenica 12 dicembre 2021


L'UNIVERSITÀ VIVE NELLA CONTINUITÀ MAESTRI - ALLIEVI 


di Natalino Irti 


Giorgio Parisi ha dedicato il premio Nobel al suo maestro Nicola Cabibbo, eminente fisico vissuto tra il 1935 e il 2010. Il gesto, di nobile significato morale e scientifico, solleva un grave interrogativo: chi è il maestro? 

Maestro, da "magister", è colui che sa e sta "oltre": ci fu insegnato, in anni lontani, troppo lontani e come impalliditi, che "magis" indica superiorità qualitativa, e "plus" quantitativa. E perciò qui usiamo "oltre" o anche "più" in quel senso ricco e pregnante. Ma non basta che il maestro sappia, è pur necessario ' che egli riveli e sparga questo suo , maggior sapere: e lo esprima nel fare le cose, nel creare opere, e, sovratutto, nell'offrirlo agli allievi. 

Il maestro è, nella Sua propria essenza, un donatore, un seminatore nei solchi dell'umanità, in una cerchia, vasta o angusta, di individui che ascoltano e trattengono le sue parole. Alla figura del maestro si congiunge il "docere", l'insegnare e proporre ad altri. Il maestro, come si legge nel Vangelo di Matteo, sempre vuole con sé, e sempre prescrive "Sequere me". 

Un motto di D'Annunzio, di quelli misteriosi che si sospettano di vitalismo o sensualismo, recita "Io ho quel che ho donato", ed è espressivo del rapporto tra maestro e allievi. L'uno dona, e, in questo atto di generosa e aperta liberalità, raggiunge il proprio ambito "avere". Non c'è altro corrispettivo di un tale possesso dell'animo. Sembra una perdita, ed invece ritorna al donante, e lo fa più ricco ed umano. 

Sul rapporto tra maestro e allievo, come si formavano grandi scuole di pittura e di ogni arte figurativa, al modo stesso si edificavano le genealogie universitarie. "Edificavano", giacché la visione dell'oggi sospinge verso il passato, o verso un ritorno futuro. L'Università o si costruisce nella catena ininterrotta di maestri e allievi, che a loro volta si sollevano a maestri, e così nell'arco dei secoli, o non è. Possono ben darsi scuole di "saper fare", di abilità tecniche, di capacità organizzative e direttive, di talenti professionali; ma non Università. 

La quale vive e prosegue nella continuità di maestri e allievi: questi, bensì impazienti di autonomia e cercatori di nuove strade, ma recanti il segno dei maestri. Allievi, degni del maestro, in cui questi si riconosce e rinasce, non sono i servili ripetitori, gli infecondi depositari di schemi e formulette, i fatui "superatori", ma gli scolari dallo sguardo acuminato, fattisi seminatori per altre generazioni. Quante volte lo scolaro, che pure percorra altre vie e si discosti dalla lezione appresa nelle aule universitaria, avverte una movenza di studio, un giro di frasi, un ritmo argomentativo, in cui ritrova il metodo del maestro, la voce del vecchio insegnante. Che così continua a donare, e si rallegra  - dovunque egli sia - che il dono è ben custodito e fruttifica nel tempo. La unità di maestro ed allievo non sta nell'estrinseco concordare su uno od altro tema, su una od altra soluzione di problemi, ma - a dirla con Goethe - nel "procedere nello stesso senso": che è un andare insieme nella diversità dei caratteri e nella feconda molteplicità delle vite individuali. 

 

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