da Martina Subacchi
Sfiducia, delusione e incertezza sono i sentimenti che prevalgono nei giovani al termine della Conferenza ONU sui cambiamenti climatici. Sfiducia nei confronti delle Istituzioni, incapaci di farsi carico delle esigenze e delle richieste delle nuove generazioni; risentimento verso gli adulti, che oltre a consegnare loro una Terra deturpata, li sta derubando del futuro; delusione rispetto alle decisioni prese a Glasgow dai leader mondiali.
Poco realistico appare il proposito di abbandonare l’uso dei combustibili fossili e contenere l’aumento delle temperature globali, soprattutto perché le maggiori responsabili delle emissioni di gas inquinanti – Cina e India – non hanno sottoscritto l’accordo. Come dire: non è possibile risolvere il danno ambientale ricorrendo agli stessi metodi che l’hanno provocato, commettendo i medesimi errori del passato. Profondamente delusi, i giovani parlano di provvedimenti di facciata (Greenwashing, “mano di verde”), presi dalla classe politica internazionale (e non da scienziati) allo scopo di mantenere lo status quo e gli interessi economici ad esso correlati.
Ma accanto alla sfiducia, non manca la volontà di prendere posizione per costruire un mondo sano ed equo. Consapevoli che il surriscaldamento globale stia aggravando la condizione di vita dei paesi più poveri, gli adulti di domani chiedono che i principi guida della politica siano la solidarietà e il diritto all’uguaglianza; che oltre a combattere la deforestazione e il consumismo, vengano promossi l’economia green, il risparmio delle risorse, la tutela ambientale e la cittadinanza attiva; che fin da bambini la scuola insegni stili di vita sostenibili e solidali, perché la Terra è sentita come una grande casa dove ognuno ha l’obbligo morale di rispettare l’ambiente in cui vive e i diritti di tutti gli esseri viventi.
Non false promesse, ma azioni concrete che contribuiscano a consegnare ai giovani di oggi un futuro migliore, il loro futuro, perché – come dichiara Greta Thunberg – “non c’è più tempo".
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